Socio unico di una Srl accertata: verosimilmente suo l´extra reddito
24-01-2013 16:20 - CONTENZIOSO TRIBUTARIO
L´accertamento a carico di una società a responsabilità limitata, divenuto definitivo per mancata impugnazione, pregiudica l´esito del giudizio pendente nei confronti del socio unico, cui vengono imputati gli utili extracontabili accertati dal Fisco alla società.
Il socio, quindi, non può contestare il merito della pretesa relativa alla società, né può lamentare che, all´avviso di accertamento a lui notificato, non è stato allegato l´atto impositivo redatto a carico della società e notificato soltanto a quest´ultima.
Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza 441 del 10 gennaio.
I fatti
Il signor X, socio al 100% di una società a responsabilità limitata, ha impugnato l´avviso di accertamento con il quale l´Agenzia delle Entrate (sulla base di quanto accertato nei confronti della società ai fini Irpeg, Ilor e Iva), gli aveva contestato, ai fini Irpef e Ilor, un maggior reddito per l´anno 1996.
Sia in primo sia in secondo grado, i giudici hanno rigettato i ricorsi.
In particolare, la Commissione tributaria regionale di Ancona ha evidenziato:
• che l´accertamento nei confronti della società e alla stessa regolarmente notificato, non era stato impugnato ed era divenuto definitivo
• che la presenza di un unico socio costituiva presunzione legale relativa che i maggiori redditi non contabilizzati, accertati a carico della società, fossero stati distribuiti allo stesso, con onere della prova contraria a suo carico.
Anche in Cassazione l´impugnazione del contribuente non ha avuto sorte migliore. La Corte, infatti, non ha ritenuto fondato il motivo di ricorso con il quale il socio deduceva, tra l´altro, violazione degli articoli 6, comma 1, e 7, comma 1, legge 212/2000, per non essergli stato né comunicato, né successivamente allegato, l´avviso di accertamento eseguito nei confronti della società, e per essergli stato in tal modo impedito di dedurre e provare l´insussistenza dei maggiori redditi accertati nei confronti della stessa società.
I giudici di legittimità, dopo aver ribadito il proprio orientamento in presenza di un organismo societario a base ristretta (secondo cui "... è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano stati, invece accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti..." - Cassazione, sentenze 2214/2011 e 6197/2007), hanno tratto due conseguenze:
1. che, se il reddito nei confronti della società risulta accertato in maniera definitiva, il giudizio nei confronti del socio, per quanto attiene all´esistenza degli utili extracontabili realizzati dalla società, è pregiudicato dall´esito dell´accertamento effettuato nei confronti della società stessa
2. che, non ricorrendo l´ipotesi del litisconsorzio necessario (affermato per le sole società di persone - Cassazione, ss.uu., sentenza 14815/2008), l´avviso d´accertamento va notificato alla "società e non anche ai soci, i quali, in quanto tali, sono privi di legittimazione processuale nel distinto giudizio relativo alla determinazione del reddito sociale" (Cassazione, sentenza n. 441/2013).
Osservazioni
La Corte ha ritenuto legittimo adottare, in questo caso, il meccanismo presuntivo (elaborato, in via interpretativa, dalla giurisprudenza di legittimità - Cassazione, sentenze 9849/2011, 13338/2009, 9519/2009 e ss.uu. 18640/2008) secondo il quale, se la società a base familiare o a ristretta compagine ha conseguito ricavi "in nero", è verosimile ritenere che gli stessi siano stati ripartiti tra i soci, proprio perché legati tra loro da vincoli familiari (di parentela o di coniugio - Cassazione, sentenze 13399/2003, 7492/2002 e 3254/2000) o da forte complicità e reciproco controllo (Cassazione, sentenza 21415/2007), visto il loro numero limitato (Cassazione, sentenza 3896/2008). Non esistendo una definizione giuridica di società a base familiare, né di società a base ristretta, sia l´ufficio sia i giudici di merito hanno ritenuto di utilizzare la presunzione di distribuzione degli utili anche in presenza di base sociale molto ristretta e cioè di un socio al 100 per cento.
In tale contesto, la Corte suprema ha ritenuto che, divenuto definitivo l´accertamento del reddito sociale, quest´ultimo non avrebbe potuto costituire oggetto di impugnazione e di esame del giudice nella controversia ancora pendente nei confronti del socio.
Tutt´al più, il contribuente avrebbe potuto chiedere al giudice di merito la sospensione del giudizio ex articolo 295 cpc, se vi fosse stato un giudizio sull´avviso di accertamento societario, propedeutico antecedente logico-giuridico per stabilire la legittimità dell´accertamento personale relativo al singolo socio (Cassazione, sentenze 2214/2011, 22171/2008 e 15171/2006). In mancanza, lo stesso contribuente non sarebbe rimasto senza vie di scampo.
Nei gradi di merito, infatti, avrebbe potuto dimostrare l´inesistenza del vincolo su cui si fondava la presunzione (assenza di una sua effettiva partecipazione nella gestione della società) o la diversa destinazione degli utili accertati (accantonati dalla società o reinvestiti - Cassazione, sentenze 2214/2011 e 6197/2007). Solo tale prova gli avrebbe consentito di ottenere l´annullamento dell´avviso di accertamento. Non anche l´eccezione della mancata notifica nei suoi confronti dell´atto emesso a carico della società, né quella dell´omessa allegazione dell´atto della società all´accertamento a suo carico.
A tale riguardo, la Corte si è limitata ad affermare che, non sussistendo litisconsorzio necessario tra socio e società di capitali, l´avviso di accertamento del reddito della società a responsabilità limitata è stato "correttamente notificato" al suo legale rappresentante pro tempore (e, precisamente, al suo curatore fallimentare).
Tutto questo, sia perché l´articolo 7, comma 1, legge 212/2000, non prevede la sanzione della nullità dell´atto in caso di violazione dell´obbligo di allegazione degli atti richiamati nella motivazione degli accertamenti, sia perché la stessa Cassazione ha ribadito che tale obbligo non sussiste nel caso in cui l´atto richiamato sia stato conosciuto o, comunque, sia conoscibile dal contribuente (Cassazione, sentenze 25617/2010, 9164/2010 e 25721/2009). E se delle attività sociali sono informati anche i soci che non partecipano all´amministrazione (ex articolo 2476 c.c.), a maggior ragione deve ritenersi che il socio unico era a conoscenza degli affari sociali (e quindi anche dell´accertamento e degli utili), avendo un forte controllo del loro effettivo andamento.
Fonte: Romina Morrone Fisco Oggi
Il socio, quindi, non può contestare il merito della pretesa relativa alla società, né può lamentare che, all´avviso di accertamento a lui notificato, non è stato allegato l´atto impositivo redatto a carico della società e notificato soltanto a quest´ultima.
Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza 441 del 10 gennaio.
I fatti
Il signor X, socio al 100% di una società a responsabilità limitata, ha impugnato l´avviso di accertamento con il quale l´Agenzia delle Entrate (sulla base di quanto accertato nei confronti della società ai fini Irpeg, Ilor e Iva), gli aveva contestato, ai fini Irpef e Ilor, un maggior reddito per l´anno 1996.
Sia in primo sia in secondo grado, i giudici hanno rigettato i ricorsi.
In particolare, la Commissione tributaria regionale di Ancona ha evidenziato:
• che l´accertamento nei confronti della società e alla stessa regolarmente notificato, non era stato impugnato ed era divenuto definitivo
• che la presenza di un unico socio costituiva presunzione legale relativa che i maggiori redditi non contabilizzati, accertati a carico della società, fossero stati distribuiti allo stesso, con onere della prova contraria a suo carico.
Anche in Cassazione l´impugnazione del contribuente non ha avuto sorte migliore. La Corte, infatti, non ha ritenuto fondato il motivo di ricorso con il quale il socio deduceva, tra l´altro, violazione degli articoli 6, comma 1, e 7, comma 1, legge 212/2000, per non essergli stato né comunicato, né successivamente allegato, l´avviso di accertamento eseguito nei confronti della società, e per essergli stato in tal modo impedito di dedurre e provare l´insussistenza dei maggiori redditi accertati nei confronti della stessa società.
I giudici di legittimità, dopo aver ribadito il proprio orientamento in presenza di un organismo societario a base ristretta (secondo cui "... è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano stati, invece accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti..." - Cassazione, sentenze 2214/2011 e 6197/2007), hanno tratto due conseguenze:
1. che, se il reddito nei confronti della società risulta accertato in maniera definitiva, il giudizio nei confronti del socio, per quanto attiene all´esistenza degli utili extracontabili realizzati dalla società, è pregiudicato dall´esito dell´accertamento effettuato nei confronti della società stessa
2. che, non ricorrendo l´ipotesi del litisconsorzio necessario (affermato per le sole società di persone - Cassazione, ss.uu., sentenza 14815/2008), l´avviso d´accertamento va notificato alla "società e non anche ai soci, i quali, in quanto tali, sono privi di legittimazione processuale nel distinto giudizio relativo alla determinazione del reddito sociale" (Cassazione, sentenza n. 441/2013).
Osservazioni
La Corte ha ritenuto legittimo adottare, in questo caso, il meccanismo presuntivo (elaborato, in via interpretativa, dalla giurisprudenza di legittimità - Cassazione, sentenze 9849/2011, 13338/2009, 9519/2009 e ss.uu. 18640/2008) secondo il quale, se la società a base familiare o a ristretta compagine ha conseguito ricavi "in nero", è verosimile ritenere che gli stessi siano stati ripartiti tra i soci, proprio perché legati tra loro da vincoli familiari (di parentela o di coniugio - Cassazione, sentenze 13399/2003, 7492/2002 e 3254/2000) o da forte complicità e reciproco controllo (Cassazione, sentenza 21415/2007), visto il loro numero limitato (Cassazione, sentenza 3896/2008). Non esistendo una definizione giuridica di società a base familiare, né di società a base ristretta, sia l´ufficio sia i giudici di merito hanno ritenuto di utilizzare la presunzione di distribuzione degli utili anche in presenza di base sociale molto ristretta e cioè di un socio al 100 per cento.
In tale contesto, la Corte suprema ha ritenuto che, divenuto definitivo l´accertamento del reddito sociale, quest´ultimo non avrebbe potuto costituire oggetto di impugnazione e di esame del giudice nella controversia ancora pendente nei confronti del socio.
Tutt´al più, il contribuente avrebbe potuto chiedere al giudice di merito la sospensione del giudizio ex articolo 295 cpc, se vi fosse stato un giudizio sull´avviso di accertamento societario, propedeutico antecedente logico-giuridico per stabilire la legittimità dell´accertamento personale relativo al singolo socio (Cassazione, sentenze 2214/2011, 22171/2008 e 15171/2006). In mancanza, lo stesso contribuente non sarebbe rimasto senza vie di scampo.
Nei gradi di merito, infatti, avrebbe potuto dimostrare l´inesistenza del vincolo su cui si fondava la presunzione (assenza di una sua effettiva partecipazione nella gestione della società) o la diversa destinazione degli utili accertati (accantonati dalla società o reinvestiti - Cassazione, sentenze 2214/2011 e 6197/2007). Solo tale prova gli avrebbe consentito di ottenere l´annullamento dell´avviso di accertamento. Non anche l´eccezione della mancata notifica nei suoi confronti dell´atto emesso a carico della società, né quella dell´omessa allegazione dell´atto della società all´accertamento a suo carico.
A tale riguardo, la Corte si è limitata ad affermare che, non sussistendo litisconsorzio necessario tra socio e società di capitali, l´avviso di accertamento del reddito della società a responsabilità limitata è stato "correttamente notificato" al suo legale rappresentante pro tempore (e, precisamente, al suo curatore fallimentare).
Tutto questo, sia perché l´articolo 7, comma 1, legge 212/2000, non prevede la sanzione della nullità dell´atto in caso di violazione dell´obbligo di allegazione degli atti richiamati nella motivazione degli accertamenti, sia perché la stessa Cassazione ha ribadito che tale obbligo non sussiste nel caso in cui l´atto richiamato sia stato conosciuto o, comunque, sia conoscibile dal contribuente (Cassazione, sentenze 25617/2010, 9164/2010 e 25721/2009). E se delle attività sociali sono informati anche i soci che non partecipano all´amministrazione (ex articolo 2476 c.c.), a maggior ragione deve ritenersi che il socio unico era a conoscenza degli affari sociali (e quindi anche dell´accertamento e degli utili), avendo un forte controllo del loro effettivo andamento.
Fonte: Romina Morrone Fisco Oggi