Rimborso senza giustificazione: avviso di accertamento legittimo
04-02-2013 16:45 - CONTENZIOSO TRIBUTARIO
Se il contribuente si "dimentica" di esibire la documentazione amministrativo-contabile richiesta, l´ufficio può procedere al recupero dell´Iva indebitamente percepita
In tema di rimborso di credito Iva, la mancanza di documentazione e, quindi, di giustificazione delle somme ottenute, legittima l´Amministrazione finanziaria al recupero dell´imposta senza dover necessariamente procedere a ispezioni o successive attività.
E´ quanto emerge dalla sentenza della Corte di cassazione 1420 del 22 gennaio 2013.
Il fatto
L´ente impositore aveva notificato a una società un avviso di accertamento recuperando il rimborso annuale dell´imposta sul valore aggiunto, perché la contribuente non aveva ottemperato all´invito dell´ufficio di produrre documentazione giustificativa del rimborso conseguito, adducendo una propria "amnesia".
In conseguenza della condotta omissiva della contribuente, che ha precluso all´ufficio la verifica della spettanza del rimborso, sia la Commissione tributaria provinciale sia quella regionale, adite dalla società, hanno respinto le rispettive opposizioni.
La società insiste anche nel terzo grado del giudizio, sostenendo che il rimborso derivante dalla differenza dell´eccedenza dell´Iva sugli acquisti rispetto all´Iva sulle operazioni passive era giustificato dalla documentazione contenuta nel fascicolo allegato al ricorso di primo grado e inoltre che l´ufficio avrebbe proceduto, in violazione dell´articolo 54 del Dpr 633/1972, alla rettifica della dichiarazione senza previa ispezione della contabilità societaria.
La decisione
Respingendo anche stavolta il gravame della società contribuente, la Corte di cassazione ha fissato il seguente principio di diritto: "E´ legittima la condotta dell´Agenzia delle Entrate che, di fronte alla mancata esibizione della documentazione giustificativa di un rimborso Iva conseguito, proceda al recupero della somma oggetto del rimborso, senza procedere a ispezioni o a ulteriori attività".
A tal fine, la Suprema corte ha innanzitutto preso atto, mediante l´esame degli atti processuali, che la ricorrente non aveva prodotto alcuna documentazione giustificativa.
Ora, è noto in proposito che, se con il ricorso per cassazione sia censurato il vizio di motivazione, è onere della parte ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza, non solo di allegare l´avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per dar modo alla Cassazione di controllare "ex actis" la veridicità di tale affermazione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cassazione 324/2007).
Passando quindi al merito della contestazione, la Suprema corte ritiene priva di fondamento la doglianza secondo cui l´ufficio avrebbe proceduto alla rettifica senza previa ispezione della contabilità della società, in quanto è pacifica, nel caso di specie, la mancata esibizione della documentazione amministrativo-contabile richiesta a giustificazione del fondamento del rimborso del credito, che, secondo la società, era dovuta a una mera dimenticanza.
In tal modo, la ricorrente si è posta in consapevole contrasto con l´ufficio delle Entrate, in quanto è stato affermato, al riguardo, che l´articolo 32, comma 2, del Dpr 600/1973, al fine di equiparare la disciplina relativa alle imposte dirette a quella in materia di Iva, stabilisce che le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell´ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell´accertamento in sede amministrativa e contenziosa (salvo che il contribuente non dichiari contestualmente alla produzione di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile(Cassazione 21665/2010).
A maggior ragione, nel caso di specie la società aveva giustificato la sua impossibilità di rispondere al questionario ex articolo 51 e 52 Dpr 633/1972 con una causa imputabile a se stessa, e cioè, a una sua "dimenticanza": tale motivo non presenta le caratteristiche di esimente prevista dalla norma e, inoltre, può essere considerato un comportamento colposo (cfr Cassazione 22765/2009).
Non solo quindi la società si è posta in "consapevole contrasto" in sede amministrativa, ma lo ha fatto anche in sede contenziosa, come sottolinea la Suprema corte, in quanto la mancata risposta all´invito in sede istruttoria non preclude la possibilità per il contribuente, in sede contenziosa, di provare la correttezza del proprio operato (Cassazione 11981/2003).
In definitiva, la Corte legittima la condotta dell´ente impositore che, in presenza della mancata acquisizione della documentazione richiesta, ha attivato il recupero delle somme senza procedere a ispezioni o ulteriori attività, considerato che l´ispezione della contabilità è oggetto di mera facoltà da parte dell´ufficio (articolo 54, comma 3, Dpr 633/1972).
In tema di rimborso di credito Iva, la mancanza di documentazione e, quindi, di giustificazione delle somme ottenute, legittima l´Amministrazione finanziaria al recupero dell´imposta senza dover necessariamente procedere a ispezioni o successive attività.
E´ quanto emerge dalla sentenza della Corte di cassazione 1420 del 22 gennaio 2013.
Il fatto
L´ente impositore aveva notificato a una società un avviso di accertamento recuperando il rimborso annuale dell´imposta sul valore aggiunto, perché la contribuente non aveva ottemperato all´invito dell´ufficio di produrre documentazione giustificativa del rimborso conseguito, adducendo una propria "amnesia".
In conseguenza della condotta omissiva della contribuente, che ha precluso all´ufficio la verifica della spettanza del rimborso, sia la Commissione tributaria provinciale sia quella regionale, adite dalla società, hanno respinto le rispettive opposizioni.
La società insiste anche nel terzo grado del giudizio, sostenendo che il rimborso derivante dalla differenza dell´eccedenza dell´Iva sugli acquisti rispetto all´Iva sulle operazioni passive era giustificato dalla documentazione contenuta nel fascicolo allegato al ricorso di primo grado e inoltre che l´ufficio avrebbe proceduto, in violazione dell´articolo 54 del Dpr 633/1972, alla rettifica della dichiarazione senza previa ispezione della contabilità societaria.
La decisione
Respingendo anche stavolta il gravame della società contribuente, la Corte di cassazione ha fissato il seguente principio di diritto: "E´ legittima la condotta dell´Agenzia delle Entrate che, di fronte alla mancata esibizione della documentazione giustificativa di un rimborso Iva conseguito, proceda al recupero della somma oggetto del rimborso, senza procedere a ispezioni o a ulteriori attività".
A tal fine, la Suprema corte ha innanzitutto preso atto, mediante l´esame degli atti processuali, che la ricorrente non aveva prodotto alcuna documentazione giustificativa.
Ora, è noto in proposito che, se con il ricorso per cassazione sia censurato il vizio di motivazione, è onere della parte ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza, non solo di allegare l´avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per dar modo alla Cassazione di controllare "ex actis" la veridicità di tale affermazione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cassazione 324/2007).
Passando quindi al merito della contestazione, la Suprema corte ritiene priva di fondamento la doglianza secondo cui l´ufficio avrebbe proceduto alla rettifica senza previa ispezione della contabilità della società, in quanto è pacifica, nel caso di specie, la mancata esibizione della documentazione amministrativo-contabile richiesta a giustificazione del fondamento del rimborso del credito, che, secondo la società, era dovuta a una mera dimenticanza.
In tal modo, la ricorrente si è posta in consapevole contrasto con l´ufficio delle Entrate, in quanto è stato affermato, al riguardo, che l´articolo 32, comma 2, del Dpr 600/1973, al fine di equiparare la disciplina relativa alle imposte dirette a quella in materia di Iva, stabilisce che le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell´ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell´accertamento in sede amministrativa e contenziosa (salvo che il contribuente non dichiari contestualmente alla produzione di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile(Cassazione 21665/2010).
A maggior ragione, nel caso di specie la società aveva giustificato la sua impossibilità di rispondere al questionario ex articolo 51 e 52 Dpr 633/1972 con una causa imputabile a se stessa, e cioè, a una sua "dimenticanza": tale motivo non presenta le caratteristiche di esimente prevista dalla norma e, inoltre, può essere considerato un comportamento colposo (cfr Cassazione 22765/2009).
Non solo quindi la società si è posta in "consapevole contrasto" in sede amministrativa, ma lo ha fatto anche in sede contenziosa, come sottolinea la Suprema corte, in quanto la mancata risposta all´invito in sede istruttoria non preclude la possibilità per il contribuente, in sede contenziosa, di provare la correttezza del proprio operato (Cassazione 11981/2003).
In definitiva, la Corte legittima la condotta dell´ente impositore che, in presenza della mancata acquisizione della documentazione richiesta, ha attivato il recupero delle somme senza procedere a ispezioni o ulteriori attività, considerato che l´ispezione della contabilità è oggetto di mera facoltà da parte dell´ufficio (articolo 54, comma 3, Dpr 633/1972).
Fonte: Salvatore Servidio Fisco Oggi