Gli "appunti" dell´imprenditore bastano ad individuare l´evasione
11-03-2013 09:14 - CONTENZIOSO TRIBUTARIO
Anche un mero "manoscritto" rientra, infatti, tra le scritture contabili che rappresentano la situazione patrimoniale dell´azienda e il risultato economico dell´attività.
La contabilità in nero, che può ben essere costituita da appunti scritti a mano dall´imprenditore, ha valore probatorio e, pertanto, legittima di per sé, e a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all´accertamento induttivo di cui all´articolo 39 del Dpr 600/1973.
Questo il principio di diritto stabilito dalla sezione tributaria della Corte di cassazione, con la sentenza 4126 del 20 febbraio.
I fatti
La controversia verteva su un avviso di accertamento notificato a una società, che svolgeva l´attività di commercio di opere d´arte, fondato sugli esiti di un pvc della Guardia di finanza, la quale aveva rinvenuto, in sede di accesso, alcuni appunti manoscritti dal rappresentante legale della stessa società, in cui vi erano annotate numerose opere, nonché il loro valore di svariati miliardi di lire.
Sia una Ctp toscana sia la Ctr competente propendevano per le doglianze della contribuente, ritenendo che il manoscritto rinvenuto fosse un "mero indizio", da corroborare - da parte dell´ufficio - con altri accertamenti, quali il controllo della contabilità, senza che potesse essere utilizzato come prova certa, tenuto anche conto della circostanza che taluni dei beni indicati si trovavano nell´abitazione del rappresentante legale e non presso la sede della società.
L´Agenzia delle Entrate ricorreva per cassazione, eccependo, in sostanza, la violazione degli articoli 54 del Dpr 633/1972, e 39 del Dpr 600/1973, per aver la Ctr Toscana disconosciuto valore probatorio alla documentazione extracontabile, rinvenuta presso la sede sociale e pacificamente attribuibile al rappresentante legale della società accertata, e aver attribuito valenza dirimente al luogo dove si trovavano fisicamente le opere d´arte.
La sentenza
La Corte suprema, nell´accogliere il ricorso dell´ufficio, osserva come la "contabilità in nero", che può essere costituita da appunti manoscritti dell´imprenditore, rappresenti un valido elemento indiziario, dotato di quei requisiti di gravità, precisione e concordanza, richiesti dall´articolo 39, Dpr 600/1973, e previsti dalla norma civilistica di cui all´articolo 2729 cc, per fondare di per sé un avviso di accertamento, senza che l´ufficio debba addurre ulteriori elementi.
Di conseguenza, richiamando la propria giurisprudenza precedente (cfr pronuncia 24051/2011), la Cassazione precisa come l´onere probatorio si sposti sul contribuente, che deve introdurre nel procedimento idonee prove contrarie rispetto alla "contabilità in nero", se intende resistere alla prova presuntiva rinvenuta dall´ufficio. Quindi, il giudice del merito non può ritenere "probatoriamente irrilevante" la documentazione reperita, "senza che a tale conclusione conducano l´analisi dell´intrinseco valore delle indicazioni dalla stessa promananti e la comparazione delle stesse con gli ulteriori dati acquisiti e con quelli emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente" (cfr Cassazione, pronunce 19329/2006 e 3388/2010).
Infine, la Cassazione si premura di indicare come il fatto che parte dei beni indicati negli appunti si trovassero nell´abitazione del rappresentante legale della società e non nella sede sociale fosse "circostanza di per sé sola inidonea a dimostrare la non riferibilità dei beni stessi all´attività esercitata dalla società".
Brevi riflessioni
Dall´analisi della pronuncia si può dedurre come il rinvenimento di "contabilità in nero" non abbia mero carattere indiziario ma rappresenti una piena e bastevole prova presuntiva di evasione. Anche il semplice "appunto manoscritto" rientra, infatti, tra le scritture contabili disciplinate dagli articoli 2709 e seguenti del codice civile, norme in cui devono essere ricompresi tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d´impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell´imprenditore e il risultato economico dell´attività svolta (cfr Cassazione, pronuncia 5947/2009).
Ovviamente, l´interprete deve appurare che la "contabilità in nero" sia attendibile, anche rispetto agli altri dati acquisiti o che comunque emergano dalla contabilità ufficiale, pena, altrimenti, la sua irrilevanza.
In tal caso, al rinvenimento di documenti non ufficiali, è il contribuente che deve giustificarsi e opporre valide ragioni che destituiscano di fondamento la presunta veridicità della documentazione occultata, sconfessandone il valore o, meglio, adducendo ulteriori e diversi elementi, anche presuntivi. Se non ne è in grado, non può che trovare accoglimento la ricostruzione effettuata dall´ufficio, pur fondata unicamente su documenti extracontabili.
La contabilità in nero, che può ben essere costituita da appunti scritti a mano dall´imprenditore, ha valore probatorio e, pertanto, legittima di per sé, e a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all´accertamento induttivo di cui all´articolo 39 del Dpr 600/1973.
Questo il principio di diritto stabilito dalla sezione tributaria della Corte di cassazione, con la sentenza 4126 del 20 febbraio.
I fatti
La controversia verteva su un avviso di accertamento notificato a una società, che svolgeva l´attività di commercio di opere d´arte, fondato sugli esiti di un pvc della Guardia di finanza, la quale aveva rinvenuto, in sede di accesso, alcuni appunti manoscritti dal rappresentante legale della stessa società, in cui vi erano annotate numerose opere, nonché il loro valore di svariati miliardi di lire.
Sia una Ctp toscana sia la Ctr competente propendevano per le doglianze della contribuente, ritenendo che il manoscritto rinvenuto fosse un "mero indizio", da corroborare - da parte dell´ufficio - con altri accertamenti, quali il controllo della contabilità, senza che potesse essere utilizzato come prova certa, tenuto anche conto della circostanza che taluni dei beni indicati si trovavano nell´abitazione del rappresentante legale e non presso la sede della società.
L´Agenzia delle Entrate ricorreva per cassazione, eccependo, in sostanza, la violazione degli articoli 54 del Dpr 633/1972, e 39 del Dpr 600/1973, per aver la Ctr Toscana disconosciuto valore probatorio alla documentazione extracontabile, rinvenuta presso la sede sociale e pacificamente attribuibile al rappresentante legale della società accertata, e aver attribuito valenza dirimente al luogo dove si trovavano fisicamente le opere d´arte.
La sentenza
La Corte suprema, nell´accogliere il ricorso dell´ufficio, osserva come la "contabilità in nero", che può essere costituita da appunti manoscritti dell´imprenditore, rappresenti un valido elemento indiziario, dotato di quei requisiti di gravità, precisione e concordanza, richiesti dall´articolo 39, Dpr 600/1973, e previsti dalla norma civilistica di cui all´articolo 2729 cc, per fondare di per sé un avviso di accertamento, senza che l´ufficio debba addurre ulteriori elementi.
Di conseguenza, richiamando la propria giurisprudenza precedente (cfr pronuncia 24051/2011), la Cassazione precisa come l´onere probatorio si sposti sul contribuente, che deve introdurre nel procedimento idonee prove contrarie rispetto alla "contabilità in nero", se intende resistere alla prova presuntiva rinvenuta dall´ufficio. Quindi, il giudice del merito non può ritenere "probatoriamente irrilevante" la documentazione reperita, "senza che a tale conclusione conducano l´analisi dell´intrinseco valore delle indicazioni dalla stessa promananti e la comparazione delle stesse con gli ulteriori dati acquisiti e con quelli emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente" (cfr Cassazione, pronunce 19329/2006 e 3388/2010).
Infine, la Cassazione si premura di indicare come il fatto che parte dei beni indicati negli appunti si trovassero nell´abitazione del rappresentante legale della società e non nella sede sociale fosse "circostanza di per sé sola inidonea a dimostrare la non riferibilità dei beni stessi all´attività esercitata dalla società".
Brevi riflessioni
Dall´analisi della pronuncia si può dedurre come il rinvenimento di "contabilità in nero" non abbia mero carattere indiziario ma rappresenti una piena e bastevole prova presuntiva di evasione. Anche il semplice "appunto manoscritto" rientra, infatti, tra le scritture contabili disciplinate dagli articoli 2709 e seguenti del codice civile, norme in cui devono essere ricompresi tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d´impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell´imprenditore e il risultato economico dell´attività svolta (cfr Cassazione, pronuncia 5947/2009).
Ovviamente, l´interprete deve appurare che la "contabilità in nero" sia attendibile, anche rispetto agli altri dati acquisiti o che comunque emergano dalla contabilità ufficiale, pena, altrimenti, la sua irrilevanza.
In tal caso, al rinvenimento di documenti non ufficiali, è il contribuente che deve giustificarsi e opporre valide ragioni che destituiscano di fondamento la presunta veridicità della documentazione occultata, sconfessandone il valore o, meglio, adducendo ulteriori e diversi elementi, anche presuntivi. Se non ne è in grado, non può che trovare accoglimento la ricostruzione effettuata dall´ufficio, pur fondata unicamente su documenti extracontabili.
Fonte: Martino Verrengia Fisco Oggi